L’inaugurazione si terrà Lunedì 6 Novembre alle ore 17.30

Seguirà un brindisi con l’autore.



Siddivo’ in napoletano significa letteralmente “se Dio vuole”. 

Formula, rito, asserzione sospesa, che le nonne ai nipoti, gli amanti tra loro ed i soli nella propria solitudine ripetono, lasciando al tempo ed al fato, in qualche misura, l’ultima parola.

Nella scelta di utilizzare il ricamo come tecnica per realizzare le sue opere c’è, nel percorso di Alessandro D’Isanto, uno di quei cortocircuiti che tra evoluzione della propria linea di ricerca ed autobiografia si stabiliscono nella vita di un artista, dando origine a quelli che sono i punti focali della costruzione di una propria identità.

Ogni artista utilizza ed approfondisce le proprie tecniche per indagare questioni e rappresentarle al mondo. Ogni artista è un essere umano e, come tale, esso stesso è un’opera d’arte, unica, frutto di un processo originale che è la sua autobiografia.
Le origini di D’Isanto, (30/05/1987 in provincia di Napoli), la relazione con la cultura mediterranea, istrionica eppure riservata, la cure delle mamme e delle nonne e delle donne del sud, e quei ricami. Quei ricami che apparecchiavano il buffet allestito sul mobile nella sala da pranzo alla vigilia di Natale, il corredo nuziale delle spose, l’altare della chiesa, ma soprattutto accompagnavano le giornate. Giornate delle donne passate a casa a cucire e dare forma al conforto ed alla bellezza semplicemente ricamando oggetti d’uso: lenzuola, tovaglie, centrini, arazzi, cuscini. Da quando Duchamp ci ha fatto vedere la bellezza della ruota di una bicicletta, da quando Magritte ci ha detto che quella non era una pipa, abbiamo scoperto che gli oggetti, spostati dal campo dell’uso a quello dell’arte, rivelano un’intensità che avevamo sottovalutato. In un’epoca come la nostra, dove sempre più l’esercizio dei sensi e la fruizione della bellezza passa per l’immateriale del digitale, i piccoli punti cuciti di Alessandro D’Isanto ci rimandano all’immagine delle mani che cuciono, che sono poi quelle che ci accarezzano da bambini, che ci tengono per mano mentre attraversiamo la vita, che ci danno un’ultima carezza prima dell’oblio.

Mani che amano ciò che fanno. D’Isanto sposta gli oggetti del quotidiano e la pratica del ricamo nel mondo dell’arte e lo fa con uno stratagemma intellettuale: le opere sono sempre dei fuori scala, o più piccole o più grandi di ciò cui siamo abituati. E mentre le opere più piccole del normale ci rassicurano, con tenerezza e nostalgia, così come fanno i souvenir ed i ricordi che abbiamo conservato da qualche parte, quelle più grandi ci ricordano di quella sensazione, del sentirsi piccoli di fronte al mondo, che l’esitazione dei bambini e la prudenza degli anziani ci raccontano.In mostra sono esposte le grandi opere del trittico Telemachia. Come il Telemaco omerico, il protagonista di questi grandi teli ricamati è un giovane uomo. Egli è solo. Nonostante di fronte a sé ci sia un mondo, egli è solo. Si porta le mani al viso per non guardare e per non farsi guardare. Eppure è nudo di fronte a noi, che lo guardiamo.

La personale si completa di un debut visto che per la prima volta saranno esposti al pubblico i piccoli cuscini della serie Siddivo’, che sviluppano in piccolo formato la ricerca avviata con Font-E, un’opera plastica realizzata con un grande cuscino ricamato esposto a parete e su cui si trova spazio l’intero sviluppo di un tipo di carattere (in inglese e nell’accezione comune font) disegnato dall’artista ad hoc per quest’opera. Con la diffusione della grafica digitale vengono disegnati ed immessi in rete quotidianamente decine di font. Quest’opera contrappone all’immaterialità di questa sovrapproduzione un racconto di materia ed unicità. Il font utilizzato per quest’opera non verrà infatti più utilizzato dall’artista né altri potranno farlo, visto che è l’artista che ne detiene i diritti d’autore, e che questa sua intenzione è parte dell’opera.

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